ROMA (MF-NW)--Nel mondo delle fondazioni bancarie c'è un ritrovato protagonista con cui tutti i principali enti, a cominciare da Cariplo, devono fare i conti dopo il lungo ventennio guzzettiano: il presidente della Fondazione Crt Fabrizio Palenzona. Salito ad aprile alla guida del terzo ente del mondo Acri per patrimonio investito (3,25 miliardi di euro), Palenzona, decano della finanza italiana per passato, curriculum e capacità sarebbe il candidato naturale per salire sulla tolda di comando dell'associazione delle fondazioni e delle casse di risparmio.

C'è chi per Palenzona immagina un regno simile (ma di 10 anni dopo l'entrata in vigore del protocollo Acri-Mef) a quello dell'ex presidente della Cariplo Giuseppe Guzzetti che per 20 anni da numero uno dell'Acri ha tirato le fila di molte partite di sistema.

A cominciare dall'indicazione delle presidenze di Cassa Depositi, della guida di F2i e tanto altro. Le fondazioni sono il motore dell'economia sociale in Italia e azionisti forti delle principali istituzioni finanziarie del Paese come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Cdp.

La scalata di Palenzona ai vertici dell'associazione, però, non è scontata. Per esempio, perché va trovato un accordo -spiega chi segue da vicino queste vicende - con le altre due big del mondo delle fondazioni (la stessa Cariplo a guida Giovanni Azzone e la Compagnia di Sanpaolo di Francesco Profumo) e un consenso anche fra gli altri enti fuori dal terzetto di vertice come Cariparo (Padova e Rovigo) o CariVerona. Nella città scaligera, per esempio, l'ipotesi Palenzona non scalda per niente gli animi. Il mandato quinquennale di Profumo, arrivato nel 2019 al vertice dell'Acri con l'investitura ancora una volta decisiva dello stesso Guzzetti, scadrà a inizio maggio del prossimo anno, quando terminerà anche il secondo e ultimo quadriennio dell'ex ministro da presidente della Compagnia di Sanpaolo. Dunque Profumo, non rieleggibile a Torino, dovrà passare il testimone anche nella Confindustria delle fondazioni.

Sempre secondo gli esegeti del mondo Acri, le manovre di Palenzona verso il vertice dell'associazione sono partite e le scosse telluriche iniziano a sentirsi anche in F2i, il fondo infrastrutturale da oltre sette miliardi di asset, creato nel 2007 e che ha come soci (19 in tutto) Cdp Equity, Unicredit, Intesa Sanpaolo e le principali fondazioni bancarie e casse previdenziali. I blocchi delle casse e fondazioni rappresentano i primi due azionisti di F2i. Complessivamente al 26% del capitale gli enti previdenziali e i fondi pensione, fra cui ci sono Inarcassa (al 6,3%), la cassa dei geometri (al 5%), l'Enpam e Cassa Forense (entrambe al 4%). Al 25%, invece, le fondazioni sono capeggiate dalla lombarda Cariplo (al 7,2%) e dalle due torinesi Crt e Compagnia di Sanpaolo (entrambe al 3,35%). Seguono poi le altre fondazioni con quote minori (Cuneo, Lucca, Firenze, Sardegna, Forlì e Cariparo). Al timone di F2i c'è Renato Ravanelli, manager con grande esperienza nel mercato italiano delle utility (A2A, Edison, Aem) e arrivato nel 2014 alla guida della sgr sempre con la regia del vecchio dominus del mondo Acri, Guzzetti.

Ebbene, cosa sta succedendo in F2i? Come rivelato dalla Stampa, a fine settembre le casse, a cui si sono aggiunte poi Fondazione Crt e Unicredit, hanno disdettato (ma per la decadenza bastava l'iniziale ritiro di un socio soltanto) il patto di consultazione che regola le nomine di F2i fra i principali soci della sgr. Le prime letture della vicenda hanno riportato di uno scontro in atto fra i soci con le casse che avrebbero messo nel mirino Ravanelli, nel frattempo in manovra con un management buyout per portare il peso di nuovi azionisti al 35% del capitale.

Alcune fonti vicine al mondo degli enti previdenziali hanno riferito a MF-Milano Finanza che non si tratta di scontri ma di «normali dinamiche di democrazia societaria» a fronte di un passaggio importante come la volontà di Ravanelli di espandere in Europa il focus strategico dei fondi d'investimento di F2i. Non è stata una disdetta anticipata, perché si è colta la finestra consentita dagli accordi parasociali che restano comunque in vigore fino a marzo. Nei prossimi mesi si ridiscuterà la nuova governance e si sta organizzando un primo incontro per far partire le interlocuzioni a dicembre. Le casse hanno sottoscritto oltre due dei sette miliardi raccolti dai veicoli della sgr: dunque, vogliono verificare che la struttura di F2i sia adeguata alla nuova mission, diversa da quella originaria che puntava invece a far diventare la sgr il campione nazionale degli investimenti nelle infrastrutture. Le casse hanno bocciato il management buyout, che però non è stato accantonato del tutto (eventualmente verrà riproposto solo con un 30% del capitale) e dal loro punto di vista il ruolo di Ravanelli non è in discussione. Anche perché con i buoni rendimenti messi a segno fino a ora, «squadra che vince non si cambia».

Le casse, compatte su questo dossier, dicono piuttosto di guardare nel campo delle fondazioni. È fra gli enti che entrerebbero in gioco divisioni frutto dei nuovi equilibri che si stanno delineando nel mondo Acri. Secondo più letture, che però vengono invece smentite da fonti torinesi, la disdetta di Crt e la messa in discussione di Ravanelli sarebbero da mettere in relazione con la partita che Palenzona sta giocando per la presidenza dell'Acri e per quella di Cdp, da scegliere sempre a maggio 2024. Mettere sul tavolo anche il fronte F2i servirebbe al numero uno di Crt per riuscire a strappare di più nella sua scalata al post-Guzzetti.

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